La filosofia politica di Miguel Abensour si definisce “critica” perché non smette mai di interrogarsi sul problema del dominio e della servitù volontaria, che spinge gli uomini ad accettarlo. In queste pagine compare inoltre una dimensione utopica e si presta molta attenzione a coloro che – per usare le parole di Marx – hanno saputo dar vita all'”espressione immaginativa di un mondo nuovo”. In forme diverse, e attraverso l’analisi delle opere di Claude Lefort, Hannah Arendt, Pierre Leroux ed Emmanuel Lévinas, Abensour propone un confronto serrato fra democrazia e utopia: entrambe sono considerate una via d’uscita, una evasione verso l’alterità, al di là della compatta opacità del potere, che ha trovato la sua drastica espressione nei totalitarismi del Novecento e riaffiora nei governi neoautoritari dell’Europa attuale. La democrazia non può essere pensata che come insorgenza al di là dei poteri istituiti e critica radicale dell’ordine esistente, restituendo al termine il significato rivoluzionario che aveva alle sue origini e strappandolo alla banalizzazione corrente.