Frutto di cinque lezioni tenute a Jena nel 1794, la “Missione del dotto” di Fichte è la più straordinaria descrizione moderna del ruolo dell’intellettuale, nella forma di un impegno condotto universalisticamente in rapporto diretto con l’idea di umanità e di emancipazione del genere umano tramite la prassi trasformatrice, secondo l’ininterrotto sforzo sociale orientato alla coincidenza tra Io e non-Io: ossia tra l’umanità pensata come un unico soggetto agente (Io) e le sue concrete oggettivazioni sociali, politiche e storiche (non-Io). Secondo un coerente sviluppo, sul piano sociale e politico, dei princìpi della “dottrina della scienza”, il dotto della torre d’avorio, come mero tesaurizzatore del sapere, cede con Fichte il passo all’intellettuale come uomo che pensa e opera nella e per la società. Si perviene, così, al grande tema che attraversa l’opera fichtiana: la destinazione dell’uomo coincide con l’ininterrotto sforzo asintotico di raggiungimento della perfetta armonia con se stesso, ossia con il processo di razionalizzazione dell’esistente e di corrispondenza del genere umano con le proprie potenzialità ontologiche. Postfazione di Marco Ivaldo.
Ottima scelta.
Molto completa e dettagliata questa edizione della “Missione del dotto” curata dal preparatissimo Diego Fusaro. L’introduzione ricostruisce abilmente il clima culturale e sociale di Jena, della Germania e della Rivoluzione francese di fine ‘700. Precisi i riferimenti dell’autore rispetto al fatto che il centro della Grundlage intesa come fondamento metafisico è connesso con la missione del dotto che con le pubblic lessons tenute a Jena, ma non solo, si occupa della vita e della prassi del popolo. In Fichte trionfa l’esigenza di denunciare con la pagina scritta la corruzione dei governanti. Questo dice è il compito della sua vita. La critica fichtiana alla dialettica del lusso sfrenato, già cara a Mandeville, ma come non ricordare Adam Smith e Adam Ferguson con l’etica della simpatia il primo e con la necessità dei legami comunitari il secondo, ci porta a riflettere sulla mancanza delle virtù sociali, sul rischio di infiacchimento delle anime nella prima società capitalista. Insomma come Socrate, Fichte dialoga con e nella piazza. Di Hegel l’affermazione che Fichte ha il genio di Socrate per capire la filosofia di Kant. E Holderlin dice che Fichte è “Un titano che combatte per l’umanità” e che la sua filosofia non resterà chiusa nelle aule universitarie. Dal lavoro di Fusaro emerge con chiarezza divulgativa e con rigore scientifico la vicenda biografica fichtiana e il contenuto straordinario teoretico della sua filosofia. L’Idealismo è la vera scienza della libertà e scienza della scienza. La scansione meno convincente di Fusaro è il modo in cui fa rientrare la prassi fichtiana all’interno del fondamento teoretico della Grundlage. Si sarebbe dovuto dare spazio al fatto che il non-Io è ammesso dallo stesso Fichte come cosa in sé non dommatica. La realtà esterna al soggetto esiste all’interno del soggetto stesso. È un suo prodotto. Come disse Salvucci, “Cosa resterebbe da fare all’uomo se l’Io fosse posto una volta per tutte?” E al dotto aggiungo Io?
Molto completa e dettagliata questa edizione della “Missione del dotto” curata dal preparatissimo Diego Fusaro. L’introduzione ricostruisce abilmente il clima culturale e sociale di Jena, della Germania e della Rivoluzione francese di fine ‘700. Precisi i riferimenti dell’autore rispetto al fatto che il centro della Grundlage intesa come fondamento metafisico è connesso con la missione del dotto che con le pubblic lessons tenute a Jena, ma non solo, si occupa della vita e della prassi del popolo. In Fichte trionfa l’esigenza di denunciare con la pagina scritta la corruzione dei governanti. Questo dice è il compito della sua vita. La critica fichtiana alla dialettica del lusso sfrenato, già cara a Mandeville, ma come non ricordare Adam Smith e Adam Ferguson con l’etica della simpatia il primo e con la necessità dei legami comunitari il secondo, ci porta a riflettere sulla mancanza delle virtù sociali, sul rischio di infiacchimento delle anime nella prima società capitalista. Insomma come Socrate, Fichte dialoga con e nella piazza. Di Hegel l’affermazione che Fichte ha il genio di Socrate per capire la filosofia di Kant. E Holderlin dice che Fichte è “Un titano che combatte per l’umanità” e che la sua filosofia non resterà chiusa nelle aule universitarie. Dal lavoro di Fusaro emerge con chiarezza divulgativa e con rigore scientifico la vicenda biografica fichtiana e il contenuto straordinario teoretico della sua filosofia. L’Idealismo è la vera scienza della libertà e scienza della scienza. La scansione meno convincente di Fusaro è il modo in cui fa rientrare la prassi fichtiana all’interno del fondamento teoretico della Grundlage. Si sarebbe dovuto dare spazio al fatto che il non-Io è ammesso dallo stesso Fichte come cosa in sé non dommatica. La realtà esterna al soggetto esiste all’interno del soggetto stesso. È un suo prodotto. Come disse Salvucci, “Cosa resterebbe da fare all’uomo se l’Io fosse posto una volta per tutte?” E al dotto aggiungo Io?