Il mito dell’intelligenza ebraica affronta una delle teorie più controverse di oggi: i presunti rapporti tra razza (o etnia), intelligenza e virtù. Riprendendo la lunga storia di queste teorie, sotto certi aspetti inquietante e imbarazzante, Sander L. Gilman analizza una serie impressionante di testi trattati scientifici e filosofici e opere letterarie – che pretendono di dimostrare l’esistenza di un’intelligenza superiore negli ebrei (spesso accompagnata da un livello inferiore di virtù o di valore morale). Il libro esamina criticamente le prospettive che emergono nel bestseller “The Bell Curve”, assai dibattuto e molto controverso, e riprende le teorie “scientifiche” sull’intelligenza superiore degli ebrei che sono emerse nel corso del XIX secolo e all’inizio del XX. Si analizzano poi le reazioni a queste teorie di scienziati e intellettuali ebrei, quali Freud, Wittgenstein e von Hoffmansthal. La parte conclusiva del libro illustra l’emergenza e l’influenza di queste idee nella narrativa moderna e nel cinema, da “Gli ultimi fuochi” di Scott Fitzgerald a “Schindler’s List” di Steven Spielberg e “Quiz Show” di Robert Redford. Gilman dimostra a che punto gli stereotipi possono invadere una società, penetrando ovunque, dai lavori scientifici alla cultura popolare. E rivela che l’attribuzione di un’intelligenza superiore agli ebrei, apparentemente molto lusinghiera, in realtà ha contribuito all’isolamento degli ebrei e al loro discredito.
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