«Il nostro professor Y, come mille altri, laureati, docenti, cogli occhiali, senza occhiali, ci aveva un manoscritto “in lettura”… non sono più romanzi quelli che pubblicano, ma tanti compitini!… compitini sarcastici, compitini archeologici, compitini proustici, compitini senza capo né coda, compitini! compitini nobelici… compitini anti-antirazzistici! compitini per piccoli premi! per grandi premi!…» Celine dà così sfogo nelle pagine violente di questo suo romanzo-pamphlet a un delirio, o se si·preferisce, a una festa verbale dai toni tipici dell’invettiva, orchestrata dentro lo scenario di un’umanità impietosa e di una visione catastrofica della storia. Nella fattispecie, Celine finge di concedere un’intervista all’immaginario professor Y sul perché non si vendano più i suoi libri, intervista sollecitata dal suo editore e che si trasforma inevitabilmente in un frenetico, sincopato soliloquio. Sinché il professor Y, stremato e ubriacato dal fiotto di invettive di Celine, sviene, stramazza, cerca scampo…