Questi saggi, raccolti dalla rivista inglese “Critique — A Journal of Soviet Studies and Socialist Theory”, offrono innanzitutto una larghissima documentazione sulla natura e le articolazioni della élite al potere nell’Unione Sovietica, sugli interessi e le tensioni che soprattutto la costringono a muoversi entro le ragioni della riproduzione del sistema. Inoltre indicazioni e spunti preziosi vengono qui forniti per cogliere, al di là del monolitismo del potere del partito, i rapporti spesso complessi che legano amministrazione centrale e locale, pianificazione centrale e gestione “d’impresa”, partito e sindacato e polizia segreta, ceto dirigente e ceto intellettuale. Su quest’ultimo nodo, in particolare, i saggi di Cox e di Ticktin offrono un materiale assolutamente originale ed un punto di vista che taglia corto con l’orgia ideologica sul “dissenso” sovietico. L’insieme del materiale proposto alla critica dei lettori dai redattori di “Critique”, nella sua mole e nella sua articolazione, è inoltre singolarmente illuminato dall’insistenza su due nuclei problematici. Il primo è lo studio, in termini di critica dell’economia politica, del funzionamento della legge del valore e/o del piano nell’URSS: la polemica contro le tesi tradizionali dello “Stato socialista” degenerato e dello Stato di capitalismo monopolistico si integra (bene v’insiste G. Kay nella sua Introduzione) con una nuova proposta analitica. Il secondo è lo studio — condotto negli articoli di Kravčenko e di Goodey — della dinamica della “condizione” operaia in URSS, fin dove la documentazione e l’analisi storiografica possono giungere.
Quale che sia la misura di consenso che l’opera dei redattori di “Critique” può trovare, è certo che con questi saggi il punto di vista critico sull’URSS fa un salto in avanti.