«Qui sono da settimane alle prese col gelo fuori e col fuoco dentro», scrive Benjamin da Mosca all’amico Kracauer, sottolineando che il suo proposito è di «tornare arricchito di immagini visive, non di teorie». Due mesi cruciali, tra la fine del 1926 e l’inizio del 1927, lo immettono in un vortice di incontri e di passioni, ne stimolano lo spirito d’osservazione. A indurlo a questo viaggio è il desiderio di conoscere più da vicino la situazione russa, di stabilire un rapporto fecondo con esponenti della vita artistica e letteraria sovietica, ma è anzitutto l’amore per la rivoluzionaria lettone Asja Lacis, conosciuta a Capri nel 1924. Queste pagine di diario, «il documento di gran lunga più personale – assolutamente e crudelmente franco – fra quelli che ci restano su periodi importanti della sua vita» – come dice Scholem – testimoniano di un duplice scontro di Benjamin con la realtà. Da un lato con una Russia che andava inesorabilmente irrigidendosi nello stalinismo e nella frantumazione di ogni ipotesi di cultura e arte rivoluzionaria e dall’altro con l’impossibilità di instaurare un rapporto sereno con Asja. In questo diario, steso con mano di grande scrittore, un universo in bilico viene descritto nei suoi particolari più reconditi con tutta la sensibilità di un uomo attratto anzitutto dalle piccole cose, da un errante, sempre sul punto di partire. Colui che, dopo l’addio ad Asja e a Mosca «con la grande valigia in grembo, percorse piangendo le strade che imbrunivano, verso la stazione».