Alcuni libri sembrano meteoriti caduti da chissà dove, schiantati al suolo in tanti frammenti di abisso. Marte, l’autobiografia scritta da Fritz Zorn pochi mesi prima di morire di linfoma maligno a Zurigo nel 1976, è uno di questi libri. L’autore sceglie di porsi direttamente sulla scena – e lo fa in modo così lucido e inesorabile da far pensare a una promessa di congedo: «Sono giovane, ricco e colto; e sono infelice, nevrotico e solo. Provengo da una delle migliori famiglie della riva destra del lago di Zurigo, chiamata anche la Costa d’oro». C’è qualcosa di disperato e di pacificante in queste pagine: la memoria, la congiura della vita contro la vita, la malattia, il tempo perduto, la dura pena di un uomo che ha sentito di soffocare sotto il cielo in cui era nato.
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