Tutti gridano alle fake news, o altrimenti dette bufale. Ma cosa sono esattamente? C’è chi accusa i giornali e i mass media di essere “finti” (Trump e dintorni), e c’è chi pensa che solo loro possano salvarci dalle bufale. La verità è che le bufale (o, meglio, la “cattiva informazione”) rischiano di annidarsi un po’ ovunque. Le bufale esistono da sempre: dalla Donazione di Costantino (con la smentita di Lorenzo Valla, il primo degli “hoaxbusters”) alla Guerra dei Mondi di Orson Welles. Già nell’Ottocento c’era chi si inventava gli scoop sugli alieni per vendere più copie dei giornali (The Great Moon Hoax). E che vogliamo dire del mostro di Loch Ness? Ci sono state bufale scientifiche, bufale burlone, e bufale più pericolose, come i Protocolli dei Savi di Sion. Qualcosa, però, è cambiato nell’era di Internet: la rapidità di creazione e diffusione delle bufale e degli scherzi. Un gruppo di ricercatori (quasi tutti italiani) ha realizzato delle mappe che tracciano la diffusione delle bufale su Twitter, dimostrando che ci vogliono dalle dieci alle venti ore perché la smentita “raggiunga” la notizia falsa. E non è neanche detto che chi ha letto la bufala poi legga anche la sua correzione. Una bella differenza rispetto al tempo in cui, per avere una notizia, bisognava aspettare i giornali o i telegiornali della sera! E immaginate la fatica di un giornalista che ha pochi minuti a disposizione per capire se la notizia è da pubblicare, o se è solo l’invenzione di un mitomane. Dagli attentati ai “morti famosi”, i casi in cui la fretta è cattiva consigliera sono tantissimi.
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