In un imprecisato villaggio della campagna dell’Inghilterra occidentale, un colonnello in pensione, rispettabile e attraente, se ne va in giro con un cavolo per cappello. Un romantico avvocato dà fuoco al Tamigi. Un aviatore professionista, con l’aspetto di un poeta, fa volare i maiali. Uno sfuggente reverendo cavalca un elefante bianco. Un milionario americano in trasferta, innamorato del «paesaggio feudale inglese», regala la terra ai suoi fittavoli. Un astronomo scopre una mucca che salta sulla luna. Un comandante costruisce castelli in aria. A prima vista, i personaggi di questi racconti, tutti sodali della Lega dell’Arco Lungo, potrebbero sembrare un po’ eccentrici ma, come ci svela uno di loro, non si può essere eccentrici senza un centro e in effetti è il mondo che continua a muoversi e a modificarsi mentre noi stiamo fermi.
La Lega dell’Arco Lungo vuole proteggere la terra e distribuire la proprietà ai piccoli agricoltori, e lo farà mettendo in atto una vera e propria rivoluzione che si nutre e si esprime in paradossi e nonsense, per rovesciare il punto di osservazione sul mondo e per svelare l’inganno e la corruzione dei potenti, cercando di trovare nuovi modi per fare ciò che di «vecchio» è ancora praticabile e giusto.
Alcuni critici hanno bollato questi racconti come «distribuzionisti», sostenendo che l’autore avesse sacrificato la sua creatività a favore della sua agenda politica, ma il «Sunday Times», e noi crediamo a ragione, a proposito di essi definisce Chesterton come il degno successore di Rabelais e Swift, perché con la sua ironia e l’uso magistrale del nonsense e dello straniamento raggiunge «una profondità di analisi e una saggezza che molti scrittori “seri” non sarebbero in grado di concepire».