Gilbert Keith Chesterton – L’innocenza di Padre Brown

L'innocenza di Padre Brown di [Chesterton, Gilbert Keith]

«L’amicizia per Padre Brown data da molto tempo. Confesso che fui un po’ restìo ad avvicinarmi a lui, e per la veste e per la strana sua vocazione che lo spinge a fare, oltreché il prete cattolico, il poliziotto dilettante. Lo conoscevo di nome, ne avevo sentito parlare con entusiasmo da molti, ma mi tenevo alla larga, mai supponendo che sarebbe entrato anch’egli nella piccola cerchia degli amici che rimangono tali per tutta la vita. Fu l’avventura dei passi strani, compresa in questo volume, che ci fece stringere amicizia. La storia mi colpì tanto, quando l’udii per la prima volta, che andai poi raccontandola a destra e a sinistra, lieto di rendere gli altri partecipi del godimento che mi aveva procurato. Ricordo che Ada Negri era entusiasta di questa storia. Questo piccolo prete dalla faccia tonda e paffuta, dall’aria attonita e un po’ stolida, è il più simpatico e interessante uomo che io conosca. Pieno di teologia e filosofia, con una mente pronta e penetrante, e uno spirito meravigliosamente intuitivo, che gli dà modo di gareggiare in astuzia con i più abili poliziotti e delinquenti, egli ha tuttavia l’anima di un poeta e il cuore di un fanciullo. Sa che siamo tutti figli di Dio, e che basta affidarsi al Padre che è nei cieli, e vivere secondo il nostro cuore, in semplicità di vita e in purità di costumi, per conquistare lo stato di grazia, cioè la serenità, anche davanti alle cose più terribili di questo mondo. Se fosse vissuto ai tempi di san Francesco, Padre Brown sarebbe andato a convertire i lupi e a predicare agli uccelli; ma, nato e costretto a vivere nella moderna Babilonia inglese, egli è diventato poliziotto dilettante, non preoccupato di svelare i misteri più tenebrosi e complicati della criminalità moderna, o di assicurare alla Giustizia i colpevoli, ma ansioso di salvare delle anime, di ricondurle sul retto cammino. E con le anime, salva spesso anche i corpi, ché, quando può, sottrae i colpevoli al tribunale degli uomini, bastandogli l’averli fatti comparire, pentiti, davanti a quello di Dio».
– Gian Dàuli

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