Unito a quello di Lenin negli anni cruciali della rivoluzione d’Ottobre, il nome di Trotskij doveva, di lì a poco, diventare sinonimo dapprima di « eretico », poi di « rinnegato », subendo un processo di demonizzazione le cui incrostazioni sono ancora visibili nell’ideologia dominante del movimento operaio cinquantanni dopo la sua sanzione. Alla « scomunica » del trotskismo, com’è noto, seguì la persecuzione, fino all’eliminazione fisica dell’antagonista di Stalin. Caduto quest’ultimo, i suoi successori si sono ben guardati dal procedere a una riabilitazióne morale— per non parlare di quella politica – di Trotskij e degli altri oppositori; Così, mentre in URSS è rimasto il bando contro Trotskij, nel movimento operaio dell’Occidente si è passati disinvoltamente dalla condanna alia rimozione, con qualche rara eccezione. Ha allora un senso la riproposizione – in una nuova edizione ampiamente riveduta e ricorretta – della magistrale biografia di Deutscher, della quale Il profeta armato rappresenta la prima parte (seguiranno Il profeta disarmato e Il profeta esiliato). La figura del grande rivoluzionario russo è qui ricollocata nella sua giusta prospettiva storica, smontando: pezzo a pezzo i meccanismi della demonizzazione senza peraltro scivolare nell’apologetica. Sono ricostruiti i suoi primi quarant’anni di vita, dal precoce apprendistato rivoluzionario sino alla vittoria che – avverte Deutscher – già ha in sé, però, i germi della futura sconfìtta. Si tratta di un itinerario esemplare che è al tempo stesso l’itinerario della preparazione, della realizzazione, dell’affermazione (e dei primi sintomi di crisi) di un processo rivoluzionario che ha impresso una brusca svolta a tutta la storia