L’imperialismo rappresenta per Lenin la completa negazione della democrazia al livello dei rapporti internazionali: le «cosiddette nazioni civili d’Europa» opprimono «le nazioni meno civili e più desiderose di democrazia dell’Asia» cui disconoscono il diritto all’autodeterminazione e al self-government, negando nella pratica quei principi che pure non si stancano di sbandierare come proprio titolo di gloria e di legittimità imperiale. In tale quadro, bisogna collocare la denuncia cui procede Lenin della vena razzistica più o meno esplicita che attraversa in profondità la storia del colonialismo e dell’imperialismo: essi si fondano sullo sfruttamento e «asservimento di centinaia di milioni di lavoratori dell’Asia, delle colonie in generale e dei piccoli paesi» ad opera di «poche nazioni elette»; i dirigenti della borghesia liberale cercano in ogni modo di ostacolare «l’emancipazione economica e quindi anche politica delle pelli rosse e nere»; d’altro canto, gli immigrati «provenienti da paesi più. arretrati» sono vittime di discriminazione salariale sui luoghi di lavoro dei paesi capitalisti. Questa carica razzistica esplode con particolare chiarezza e virulenza in occasione di guerre condotte contro popoli che, dal punto di vista delle potenze coloniali e imperiali, «non meritano nemmeno l’appellativo di popoli (sono forse popoli gli asiatici e gli africani?)».