Mosca, 1938. Il giovane Kostja uccide Tulaev, membro del comitato centrale del Partito Comunista. In seguito all’attentato, la polizia segreta organizza la ricerca non tanto dell’esecutore materiale, quanto dei responsabili morali che, con il loro atteggiamento critico verso lo stalinismo, avrebbero contribuito a creare il clima in cui è maturato il delitto. Cinque sono i colpevoli designati: l’intellettuale Rublev, l’alto commissario di polizia Erchov, il contadino-soldato Makeev, il vecchio bolscevico Kondriatiev e il trockista irriducibile Ryjik. A tutti costoro, rivoluzionari di provata fede, sono rivolte le accuse più fantasiose e infamanti e si chiede il sacrificio supremo per una causa per la quale hanno già sacrificato tutto. Nel clima di terrore e menzogna che Serge riesce così mirabilmente a ricostruire, uomini irreprensibili, noti per la loro devozione e apprezzati per la loro competenza, arrivano al punto di riconoscersi colpevoli dei peggiori crimini e, per una rivoluzione che è pur sempre la loro, preferiscono morire disonorandosi piuttosto che denunciare gli orrori del regime alla borghesia internazionale. Il caso Tulaev è una lucida analisi dell’universo staliniano, unita a una rigorosa interpretazione storica della Rivoluzione russa, dove il dolore e la consapevolezza di un fallimento non sono però mai per lo scrittore, che pure ne ha sofferto sulla propria pelle le conseguenze, un motivo per venire meno ai propri principi e alla propria coerenza.