Andrej Platonov – Ricerca di una terra felice

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L’avvenimento di questi ultimi tempi è stato, nell’Unione Sovietica, la pubblicazione postuma, su una rivista edita a Alma-Ata, del romanzo di Andrej Platonov Džan, in cui un critico ha ravvisato l’impianto di un «mistero» medievale. L’interesse vivo per un’opera così imprevista, per tanti anni rimasta sconosciuta, si giustifica anche perché Džan contribuisce a mettere in luce un altro rilevante scrittore troppo a lungo rimasto nell’ombra. Tuttavia, anche se solo in parte conosciuto, Platonov riscosse ammirazione in lettori come Hemingway, Lukàcs e Gor’kij. Džan è la storia di una disperata marcia attraverso il deserto asiatico: il piccolo popolo džan viene condotto a salvezza, strappato al malefizio della sua vegetale e semispenta esistenza. Čagataev, il salvatore, prima ancora di procacciare ristoro e riparo a quel pugno di dannati del mondo, compie il vero miracolo d’infondere nell’anima loro la volontà di vivere. Perché Džan è un popolo che vuole perire, avendo esaurito ogni potenza vitale. Dopo tutte le prove cui sottostà, dopo la costante esperienza della morte, dopo la lotta con le forze opache e aride del deserto, Čagataev, mitico e umanissimo eroe, ha la certezza della vittoria quando gli uomini del piccolo popolo si sottraggono alla sua tutela: essi non vogliono vivere nella comunità organizzata da Čagataev e se ne vanno per il vasto mondo, a cercare, oltre l’orizzonte, la felicità. La parabola conchiude qui la sua biblica spaziosità di simbolo, su questa prospettiva di libertà e di avvenire. L’immensità dello spazio e l’infinità del tempo, la resistenza della natura e l’azione dell’uomo, l’imperio della coscienza e l’indipendenza del cuore, l’angoscia dell’anima e l’impulso a superare le distanze tra gli esseri, il senso di necessità dell’amore e quello di ineluttabilità della morte, sono, in Platonov, i raggi di un pensiero poetico che ha il suo centro di luce in un’affermazione intensa e fervente di infinito sviluppo vitale. Vittorio Strada

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