La fossa è il capolavoro di Kuprin (1870-1938), l’opera nella quale le componenti realistiche e quelle romantiche della sua ispirazione si fondono, più che in ogni altra, in un robusto organismo narrativo. Il romanzo, pubblicato nel 1912, si presenta all’inizio addirittura come il resoconto di un’inchiesta : si direbbe che l’autore non abbia altra ambizione che quella di far conoscere, nella loro raccapricciante evidenza, le assurde condizioni di vita e la spaventosa degradazione morale alle quali la « prostituzione di stato » sottoponeva le ragazze delle case di tolleranza. Ciò spiega il giudizio che su di lui espresse Tolstoi : «Kuprin ha il dono di mettere sotto gli occhi del lettore una porzione di vita e di disegnare un quadro che colpisce e fa pensare. » Tuttavia lo slavista Ettore Lo Gatto, non solo ha sottolineato che pochi scrittori avrebbero potuto affermare, come Kuprin, con piena convinzione : « Questa è la realtà : né io né voi ne abbiamo colpa», ma ha anche precisato : « indifferente Kuprin non fu, diremmo anzi che il suo interessamento per i propri eroi ebbe qualcosa di sentimentale». Con il procedere del racconto, infatti, emerge un atteggiamento di pietosa simpatia, quasi di complicità con taluni personaggi. Si tratta, però, di una simpatia preferenziale. È stato detto che questa serrata requisitoria contro la prostituzione rivela in Kuprin una forte componente femminista e che le tinte trucemente negative con le quali egli dipinge le alienanti condizioni della « fossa » sottintendono, per contrasto, una concezione assai positiva della donna. In effetti la sua vena romantica si dispiega soprattutto nei personaggi femminili che appaiono portatori di virtù o, quanto meno, di doti naturali ; mentre i personaggi maschili risultano dominati dalla volgarità e dall’egoismo con un’unica eccezione, il personaggio di Platonov.
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