Il mistero della nascita dell’uomo viene dibattuto da oltre centocinquant’anni. Cos’è che ha scatenato quell’insieme di cambiamenti morfologici, sociali e psicologici che hanno fatto sì che una popolazione di animali dalle fattezze scimmiesche evolvesse in una forma di vita inedita, che noi chiamiamo Homo? Dov’è avvenuto il passaggio? Quando e, soprattutto, come? Cosa ci ha resi quel che siamo? A questo «mistero dei misteri» si sono applicati naturalisti, antropologi, filosofi e paleontologi. L’ingresso nel dibattito di un primatologo, che studia le scimmie attuali, porta aria fresca e una teoria nuova, che come tutte le teorie nuove fa discutere, e come tutte le buone teorie si basa su dati solidi e anni di ricerche. Secondo Richard Wrangham l’idea apparentemente innocua di cuocere il cibo ha cambiato tutto. Da qualche parte in Africa, intorno ai due milioni di anni fa, una piccola popolazione di animali ha iniziato per la prima volta – e lei sola – a mettere la carne al fuoco. Erano probabilmente degli Homo habilis, creature dall’aspetto ancora scimmiesco, con denti ben sviluppati e un grado di socialità neppure paragonabile al nostro. Poco dopo fece la sua comparsa Homo erectus, molto differente, con denti più piccoli e una struttura sociale decisamente più sviluppata. In mezzo, ci dice l’autore di questo libro magistrale e avvincente, qualcuno deve aver iniziato a gustare le delizie della carne alla brace. La carne cotta infatti è più digeribile, più sicura e fornisce molte più proteine della carne cruda, mettendo a disposizione molta più energia. Insomma, è vantaggiosa. Con la promessa di questo premio succulento, ci si può concentrare maggiormente sulla caccia, differenziando il lavoro tra chi procura il cibo e chi lo cuoce.