Pessimista in perenne dialogo con la morte, tetro nichilista, provocatore iconoclasta, malato di morbus austriacus: è così che spesso viene etichettato Bernhard. Ciò può in parte essere vero per la produzione che precede “Correzione”; ma a partire da questo romanzo tali semplificazioni sono contestabili, sia perché in seguito si farà sempre più esplicita la vis comica sia perché al solido muro della negatività verranno contrapposti un magnete di forza vitale e pulsante, uno o più nuclei di esperienze positive. In “Correzione” uno di questi nuclei è certamente la limpida descrizione del percorso che Roithamer, l’imbalsamatore e il narratore fanno per andare a scuola: “per noi il sentiero della scuola, come il sentiero della vita, è sempre stato solo un sentiero di dolore, ma nello stesso tempo un sentiero di tutte le scoperte possibili e di una felicità sublime”. Vi è poi la rosa di carta che il narratore trova nel cassetto superiore del comò della soffitta, che gli rammenta i momenti gioiosi trascorsi insieme durante una sagra di paese nella quale il giovane Roithamer vinse al tiro a segno un mazzo di 24 rose di carta gialla – senza mai sbagliare un colpo: proprio lui, che contro la tradizione di famiglia detestava la caccia. Le regalò, tutte meno una, “a una ragazza sconosciuta che nel passargli accanto gli aveva ricordato sua sorella”. La rosa custodita è l’emblema di una possibile felicità, di una chance che, sebbene rifiutata, era a portata di mano.
Libro meraviglioso