Per tre mesi, fra il settembre e il novembre 1925, Roth vagabondò per il Sud della Francia. Quel viaggio fu accompagnato, per lui, da un senso di liberazione: a trent’anni scopriva le «città bianche» della Provenza, che aveva sognato durante una grigia infanzia. E al tempo stesso sentiva allontanarsi ogni oppressiva germanicità. Sperimentava un nuovo modo di respirare: «Ho guadagnato la libertà di passeggiare, tra signore e signori, tra cantanti di strada e mendicanti, con le mani nelle tasche dei calzoni, una contromarca di guardaroba appuntata sul cappello e un ombrello rotto in mano». Il Sud che si schiudeva ai suoi occhi, con i suoi tre colori fondamentali – «la pietra bianca, il cielo blu, il verde scuro dei giardini» –, sembrava ancora ignaro «delle valanghe che lentamente rotolano verso di noi». Così nacquero queste pagine, tra le più felici di tutto Roth. Felici per l’euforia da cui emanano, e felici anche per lo stile mirabilmente terso e sinuoso. Roth s’inoltrò nel Sud della Francia come nell’«infanzia dell’Europa», dove erano confluite «le più disparate linfe vitali» senza perdere nulla della loro peculiarità. Quel passato e quella natura gli apparvero come la prefigurazione dell’unico avvenire in cui avrebbe voluto vivere. Lasciando il paese luminoso che fino a pochi giorni prima gli era ignoto e dove ora si sentiva già «a casa propria», Roth sapeva di portare «con sé ciò che di più prezioso una patria può donare: la nostalgia». Questo libro è apparso postumo, nel 1956, con il titolo “Im mittäglichen Frankreich”, e solo nel 1976 in una nuova più completa edizione che si basa su un manoscritto corretto dall’autore e reca il nuovo titolo “Die weissen Städte”. In esso Roth rielabora e amplia notevolmente i reportages da Lione, Nîmes, Vienne, Tournon e Marsiglia apparsi sulla «Frankfurter Zeitung» nell’autunno del 1925, e aggiunge i capitoli su Avignone, Les Baux, Arles, Tarascona e Beaucaire.