Joseph Roth – Al bistrot dopo mezzanotte. Un’antologia francese

Al bistrot dopo mezzanotte

«Sono un Francese d’Oriente» scrive Joseph Roth da Odessa nel 1926. Ha già nostalgia di Parigi, meta l’anno precedente della sua fuga dalla Germania: Parigi è la «capitale del mondo» commentava allora, senza sapere che lì sarebbe vissuto quattordici anni e avrebbe scritto gran parte dei suoi libri. Chi non è stato a Parigi, del resto, è «solo un mezzo uomo», e diventare uomo completo significa, per Roth, godere di un’identità multipla nella città in cui gli ebrei orientali – affluiti dopo la guerra – «possono vivere come vogliono». Come i mirabili reportage da Vienna raccolti nel “Caffè dell’Undicesima Musa”, anche questi feuilleton francesi sono racconti perfetti, increspati da un impagabile humour e da spiazzanti paradossi, gremiti di suoni e colori, odori e sapori: reti di nere cozze sgocciolanti e lupi di mare nel porto di Marsiglia; aromi di caffè, Pernod e acquavite nei bistrot parigini dove, dopo mezzanotte, si raccolgono gli esuli d’Europa; il bel mondo della Costa Azzurra con le sue vecchie cariche di brillanti e stuoli di cagnolini al seguito; l’alta stagione a Deauville con Monsieur Citroën che perde sempre al Casinò e regala un’automobile a ogni croupier; toreador vili e cialtroni nelle corride di Vienne (in cui le simpatie di Roth vanno naturalmente al toro); suonatori cosacchi di nostalgiche balalaiche; indossatrici che «seducono con caviglie moralmente corrotte» e femmine nude nei «luoghi di perdizione più ameni del mondo».

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