Dall’Unità d’Italia alla riforma Gelmini, dal fascismo alla Repubblica, da 150 anni l’università svolge un ruolo centrale nei processi di controllo sociale e di riproduzione dell’ideologia delle classi dominanti. Il suo governo è nelle mani di un ristretto numero di persone: i baroni delle cattedre. I quali perpetuano il proprio potere con il reclutamento delle nuove leve di docenti attraverso concorsi di pura facciata, cooptazione e precarietà. Pratiche che non sono una degenerazione recente ma aspetti ordinari del funzionamento dell’università. Una storia di leggi, tentativi di riforma e lotte studentesche: il Sessantotto, il Settantasette, la Pantera, l’Onda. E ora la dura contestazione per impedire che la Controriforma del governo Berlusconi – con il taglio dei finanziamenti, l’attentato al diritto allo studio, la cancellazione dei ricercatori, la soppressione di corsi non funzionali al mondo delle imprese, il ricorso al precariato – metta definitivamente in ginocchio l’università. Uno scempio al quale contribuiscono o assistono indifferenti molti professori che, dopo aver giurato nel passato fedeltà al fascismo, si apprestano ora a giurare fedeltà al mercato e a Confindustria.