Sulle disavventure della politica contemporanea – di Grattacielo

(sposto in homepage questo commento di grattacielo con la speranza che magari anche qui si possa aprire un dibattito sull’argomento, il che non sarebbe male visto l’alto spessore culturale dei followers di LDB. Alla fine c’è anche un mio addendum)

Nel ringraziare gli infaticabili Natjus e Aletinus, che ancora una volta ci deliziano con le loro proposte, senza dimenticare tutti gli altri che postano qui, arricchendo ulteriormente un blog già ricco, ne approfitto per sottoporre alla vostra attenzione alcuni libri, già da me inseriti nella raccolta “Il mondo attuale”, che a mio avviso aiutano a comprendere l’attuale temperie politica meglio di certe dotte disquisizioni di costituzionalisti:

1. Crozier, Huntigton, Watanuki – Crisi della democrazia
Rapporto redatto da alcuni intellettuali di destra, tra cui Huntigton il futuro teorico dello scontro di civiltà, su incarico della Trilaterale. L’edizione italiana reca la prefazione di Gianni Agnelli, membro della trilaterale. Vi viene teorizzato l’attacco alla sovranità popolare in nome della “governance”.

2. Luciano Canfora – Critica della retorica democratica

3. Luciano Canfora – Democrazia. Storia di un’ideologia.
Canfora traccia la lunga e travagliata storia della conquista del suffragio universale e delle contromisure adottate per neutralizzarlo, tra cui assemblee di nominati.

4. Colin Crouch – Postdemocrazia
Alla democrazia, basata sulla sovranità popolare si è sostituito un regime di incerta definizione che Crouch chiama, in mancanza di meglio, postdemocrazia.

5. Domenico Losurdo – Democrazia o bonapartismo
Il regime autoritario bonapartista (Napoleone III e il secondo impero) come possibile sbocco della crisi.
Assemblee di nominati costituivano la spina dorsale del bonapartismo.

6. Emilio Gentile – In democrazia il popolo è sempre sovrano. Falso!
Lo storico Emilio Gentile, specialista del fascismo, definisce l’attuale regime “democrazia recitativa”, dove il popolo sovrano è solo una comparsa. Fresco di stampa perciò non ancora disponibile on line.

7. Licio Gelli – Piano di rinascita democratica
E’ sempre bene rileggere questo inquietante documento della loggia P2: Link

Infine richiamo l’attenzione sul fatto che lo Statuto albertino prevedeva un Senato di nominati e concedeva ampi poteri al governo rispetto al parlamento, combinato con una legge elettorale (legge Acerbo) che doveva garantire una stabile maggioranza, ci ha regalato venti anni di dittatura, finita nel più tragico dei modi (eventualità tutt’altro che remota visti i venti nazional-populisti che soffiano in Europa, dove già due Paesi si sono messi su questa strada – Polonia e Ungheria – e in Francia incombe il lepenismo)

Addendum di Natjus

All’excursus di grattacielo mi sentirei di aggiungere anche:

1. Sergio Cesaratto – Sei lezioni di economia
2.Aldo Giannuli – Da Gelli a Renzi(passando per Berlusconi)
(questi due, insieme al libro di Gentile, li troverete nella prossima infornata)
3.Il grande classico (richiamato anche giustamente da Giannuli nel suo libro):
Karl Marx – Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte

85 pensieri su “Sulle disavventure della politica contemporanea – di Grattacielo

  1. Dell’operetta marxiana è ora disponibile una nuova edizione curata da Michele Prospero, autore di un’introduzione assai ampia che si segnala per la chiave di lettura attualizzante (Editori Riuniti).
    A mia volta apporto due “giunte”, pure pubblicate nell’anno in corso che volge alla fine:
    – Mauro Calise, “La democrazia del leader” (Laterza)
    – Emilio Gentile, “Il capo e la folla. Genesi della democrazia recitativa” (Laterza), pregevole excursus storico di uno studioso che vale sempre la pena leggere

  2. Da parte mia vorrei segnalare tre testi che risultano di arduo reperimento:

    – Harry Braverman: Lavoro e capitale monopolistico
    – Paul Sweezy: Il capitale monopolistico
    – Alfred Schmidt: Il concetto di natura in Marx.
    I primi due, sebbene “datati” (ma è una parola che spesso copre soltanto l’oblio di cose importanti, travolte dalla marea di chiacchere che ci sommerge), sono fra le analisi più acute – e scientificamente fondate – di fenomeni, nella loro essenza, ancora e ferocemente attuali. Il terzo fa parte della tradizione di studi su Marx legati alla Scuola di Francoforte che non è certo nocivo conoscere o rileggere.

    • Non mi sono accorto che Aletinus mi aveva preceduto.
      Il libro di Crouch, non è presente nella raccolta “il mondo attuale”, ma è stato condiviso da Natius

      • Ciao Grattacielo! Non rammentavo chi fosse il releaser dello Schmidt, che reperii molto tempo addietro su Libgen intuendone la provenienza scribdiana. Lo stile della “creatura”, riaprendolo ora, è però inconfondibile. Un grazie retroattivo!

  3. Mi permetto di sollecitare la discussione riportando il post di oggi di Massimo Nava su Facebook, che ne pensate?
    Se fuori luogo cancellate e scusate.

    Referendum e democrazia il caso Gran Bretagna

    La decisione dell’Alta Corte inglese, che congela la #Brexit e rinvia il problema al Parlamento, suggerisce una riflessione che va al di là della giá complicatissima vicenda interna del Regno Unito. Non é forse casuale che nella piú collaudata democrazia parlamentare dell’era moderna, l’esercizio della democrazia diretta, con referendum, sia messo in discussione dal primato della democrazia rappresentativa, cioé dal Parlamento, attraverso una sentenza che di fatto contraddice la volontá dell’esecutivo, deciso invece a rispettare la volontà popolare.
    Sul piano teorico, c’é da chiedersi quale forma di democrazia rispecchi al meglio la volontá popolare. Quella che permette ai cittadini di decidere a maggioranza che cosa sia il bene comune o almeno la soluzione piú consona ai loro interessi, o quella che consente agli eletti dal popolo, o meglio alla maggioranza degli eletti che esprime il governo, di valutare, scegliere, decidere responsabilmente per il bene di tutti?
    Nel caso di Brexit, ma ci sono altri esempi altrettanto lampanti, come i referendum del 2005 con cui i francesi e gli olandesi bocciano il trattato costituzionale europeo (elaborato e proposto, si badi, da un consesso di saggi che discusse il progetto per quasi due anni), é del tutto evidente che le conseguenze delle decisioni popolari e ancor piú la successiva messa in discussione dei risultati, non possono essere valutate soltanto in linea teorica. Di fatto, nella presunzione che il popolo abbia preso una strada sbagliata, si rischia di vanificare un diritto.
    L’establishment britannico, i governi della Scozia e dell’Irlanda e una consistente minoranza di inglesi hanno fortemente denunciato le conseguenze disastrose della Brexit, oltre a fare notare che la maggioranza favorevole era in sostanza una minoranza per lo piú inglese che ha deciso per tutto il Regno Unito e, a ben vedere, per 500 milioni di europei non consultati. A suo tempo, i governi di Francia e Olanda e gli altri governi europei corsero ai ripari costruendo il trattato di Lisbona che, di fatto, costituì la pietra di riferimento del cammino europeo, contraddicendo la bocciatura dei cittadini francesi e olandesi.
    A questo quadro riassuntivo, si devono aggiungere considerazioni sociopolitiche sulla consapevolezza reale della posta in gioco e sulle motivazioni, spesso emotive, che hanno spinto maggioranze popolari a esprimersi in una direzione piuttosto che in un’altra.
    Naturalmente, si può dissentire sul fatto che la permanenza della Gran Bretagna in Europa sia un bene per tutti gli europei e soprattutto per gli inglesi. Così come si può non essere d’accordo se sia meglio per gli europei accelerare o bloccare le varie forme istituzionali d’integrazione. Ma é innegabile che la volontá popolare non si sia espressa soltanto sulla materia referendaria, bensì su considerazioni di natura politica : pro o contro il governo in carica, pro o contro l’Europa, pro o contro questioni gravi, ma collaterali come l’immigrazione o la moneta unica.
    In ogni caso, lo strumento referendario, esercitato su grandi questioni, tende a ridurre il potere dell’esecutivo e dei rappresentanti eletti, soprattutto se, come nei casi citati (e nel caso di una vittoria del No, al referendum sulla Costituzione italiana), fra i cittadini prevale un sentimento di opposizione che li spinge a votare come propongono leader e partiti d’opposizione.
    Se così stanno le cose, non si tratta di mettere in discussione la validitá dello strumento referendario e il diritto dei cittadini ad esprimersi, ma di considerare il grado di informazione e consapevolezza nel percorso di formazione delle decisioni. Quantomeno, si impone una riflessione sul senso stesso della democrazia diretta rispetto all’affidare i destini di una collettivitá ai rappresentanti del popolo democraticamente eletti.
    Nella Polis ateniese del V secolo a.c. la democrazia diretta tanto esaltata da letture superficiali era comunque esercitata da non piú del dieci per cento dei cittadini. I “comizi” del popolo nella Repubblica Romana erano selezionati per etá, censo, categorie professionali. Anche la Comune di Parigi del 1871 e la Costituzione francese del 1793, dopo la Rivoluzione, furono forme di democrazia diretta che esaltavano il mito – oggi tornato in voga – di Rousseau come espressione della “volontà generale”. Si sa come andarono poi le cose.
    E’ del tutto evidente quanto oggi la crisi della politica e dei partiti, la partecipazione mortificata nella societá civile ed esercitata nel caos elettronico dei social network, rafforzino l’ideale della democrazia diretta in opposizione alle élites, nazionali ed europee, sulle quali si rovescia quotidianamente il castello delle accuse, molte delle quali giustificate : distanza dai cittadini, interessi di casta, tecnocrazia finanziaria, irresponsabilitá e incompetenza.
    Ma é anche evidente quanto il bisogno di partecipazione possa essere facilmente cavalcato da capipolo e diventare l’onda lunga e distruttrice del populismo.
    Un populismo che, come si vede negli Usa o in molti angoli d’Europa, mostra la doppia anima di chi vorrebbe il leader risolutore e salvifico delle pastoie della politica e chi vorrebbe esprimersi su tutto, magari in rete, “imprigionando” l’esecutivo, “colpevole” di non ascoltare la voce del popolo.

  4. Resa.
    Incastrati tra un pophoolismo, incapace non solo di esplodere in un nuovo Sistema di cose e idee ma pure incapace di infiltrarsi e sostituirsi alle elite dominanti, e l’eloquio e la becera prassi adolescenzial-liberale ora al governo, siamo costretti alla diserzione. Al disinnesco.

  5. C’era un interessante articolo di Jean Baudrillard del 2005 sul referendum costituzionale francese, che però non trovo più, in cui diceva che il No al referendum costituzionale europeo della Francia non era stato un No all’Europa, ma una sorta di No al Sì, cioè un No all’Europa liberale della coscienza infallibile secondo cui tutti coloro che si oppongono al suo cammino sono malvagi populisti inclini alla follia. Ora, a me sembra che tutto il petulante giornalismo stile Repubblica su tutti gli irresponsabili che si rifiutano di aderire alla globalizzazione, e questo vale per gli inglesi o per gli elettori di Trump, stia in questo filone, e non serve votare Salvini o idolatrare Putin per accorgersene. Mio padre addirittura, fervido lettore di Espresso e Repubblica, sostiene che per non far vincere Trump sarebbe tranquillamente disposto ad accettare dei brogli, questo per dire il grado di fanatismo ideologico anti-democratico che alberga non solo tra i populisti nazionalisti ma anche tra i liberali europeisti o atlantisti. Per comprendere il grado di isteria verso i propri nemici da parte dei liberali, che nascondono il proprio colonialismo e il proprio classismo dietro una supposta etica della responsabilità, consiglio questo articolo: http://www.sinistrainrete.info/politica/8351-c-j-hopkins-la-patologizzazione-del-dissenso.html

  6. Mi complimento con Alessandro che ha individuato uno dei corni del problema: il liberalismo.
    Si parla impropriamente di lberal-democrazia, in realtà il pensiero democratico nasce, con forti venature socialiste, alla metà dell’ottocento – soprattutto in Francia – in netta opposizione al liberalismo (si veda Renè Remond, Introduzione alla storia contemporanea. Vol.2 Il XIX secolo)
    L’oggetto del contendere sono soprattutto, ma non solo, i diritti politici (elettorato attivo e passivo), che i liberali. per timore delle masse, vogliono riservare ai possessori della richhezza (censo).
    Mentre i democratici si battono per il suffragio universale, basato sul principio: una testa una voto.
    Da un lato sotto la poderosa spinta del movimento operaio e delle sue organizzazioni – partiti, sindacati, leghe – si passa gradualmente dal regime liberale a quello democratico.
    Dall’altro si ha una strenua resistenza, che ad un certo punto si trasforma in tentativo di svuotamento del suffragio universale. ( si vedano i libri di Canfora citati sopra).
    Scopo del mio post era:
    A) indicare una bibliografia minima – ovvio che si può ampliare – sulla crisi della democrazia e sui
    suoi possibili sbocchi
    (personalmete, ritengo che questa crisi sia dovuta alla pesante sconfitta subita del movimento
    operaio nei paesi a capitalismo avanzato e al conseguente trionfo del liberalismo)
    B) la vittoria del “si” rischia di far regredire il nostro sistema costituzionele verso forme simili allo
    Statuto albertino, con la conseguente restrizione della sovranità popolare e i rischi indicati:
    C) richiamare l’attenzione sul Piano di rinascita democratica della P2, attuato in modo strisciante
    (non conoscevo il saggio di Giannuli, opportunamente proposto da Natjus)
    Brevi osservazioni sul post di Massimo Nava, proposto da Kiokiok:
    lo trovo alquanto bizantino e reticente. E’ sbagliata la contrapposiozione tra democrazia diretta (referendum) e rappresentativa (parlamento) e chiedersi quale delle due rispecchi meglio la sovranità popolare. Non tiene conto delle leggi elettorali, che spesso trasformano minoranze elettorali in maggioranze parlamentari in nome della “governace”, per es. i premi elettorali.
    con buona pace dell’eguaglianza dei cittadini.
    Non dimentichiamo che la Thatcher ha governato undici anni, senza avere una maggioranza nelle urne, ma grazie al diverso peso dei colleggi elettorali uninominali (quelli urbani contavano decine di migliaia di elettori, quelli rurali poche migliaia ma eleggevano tutti un rappresentante).
    La nostra Costituzione oltre al referendum prevede un altro istituto di democrazia diretta:
    la legge di iniziativa popolare, anche su questa è caduta la scure renziana con l’aumento spropositato delle firme richieste

  7. credo che il discorso sulla democrazia (parlo della democrazia realmente esistente, vale a dire quella parlamentare- rappresentativa) debba essere coniugato con l’analisi del modo di produzione e con la stratificazione di classe da questo presupposta, posta in essere e modificata dal suo stesso sviluppo. È sotto gli occhi di tutti che i centri decisionali dell’economia- sia su scala europea che su scala mondiale – sono ormai da tempo autonomi dai parlamenti nazionali. Il populismo è una reazione a questo stato di cose, e non va sottovalutato, soprattutto in considerazione del fatto che, per lo meno in Europa, sembra costituire l’unica risposta di ribellione allo statu quo, sebbene reazionaria, xenefoba ecc. Ma la totale scomparsa di una forza di sinistra capace di una analisi criticia dell’esistente spiega a sufficienza il successo dei partiti populisti, sia nella forma nazionalista, sia in quella antinazionale (almeno a chiacchere)- tipo Lega. La crisi capitalistica, sommandosi alle ristrutturazioni produttive dei precedenti decenni, ha formato una classe- non classe di disederedati, ceti medi impoveriti, disoccupati, lavoratori precari, desperados di varia origine sociale ed etnica, che nessun partito è in grado di governare. Esistono dunque i presupposti di un caos di lunga durata. Ma non porterà a nulla finché i beneficiari del profitto industriale e della rendita finanziaria non saranno totalmente eliminati. E costoro, per quanto riguarda l’Europa, stanno di casa nella BCE.

  8. Innanzitutto vorrei segnalare la mia felicità assoluta nell’apprendere che Natjus, grazie al commento di Grattacielo che ha fatto da innesco, ha avviato finalmente un dibattito di rilievo tra i frequentatori del blog (io lo sono praticamente dagli inizi), perché in effetti mi sono domandato spesso se “dato l’alto spessore culturale dei followers di LDB” la singolarità di questo fantastico “luogo” dovesse consistere esclusivamente nell’offerta di gioielli squisiti o nella pratica di chiedere di poterne fare incetta (lo dico, beninteso, con somma gratitudine per tutti coloro che, in testa il nostro mitico Nat, offrono tali gioielli incomparabili – e a volte introvabili – e dunque, con lui, i per me altrettanto semidivini Aletinus, Grattacielo e En Ny Hermann – ma non solo) mentre, proprio data l’unicità di questo luogo e dei suoi frequentatori, che immagino ultrapensanti oltre che superleggenti, non fosse giunto (già da un pezzo) il momento di valorizzare in qualche modo anche la rielaborazione di quei preziosi consigli di lettura nella prospettiva di un confronto tra pensanti (o rimuginanti, come avrebbe detto Benjamin di Baudelaire). Per quanto riguarda il contenuto dello scambio finalmente avviato, vorrei porlo in termini di un rapporto tra sapere e circostanza storica… in fondo prendo alla lettera, oltre che in ispirito, l’intervento innescante di Grattacielo, che è un intervento finalizzato a far convergere le avide menti dei followers su letture che possano rischiarare la fisionomia vertiginosa del “mondo attuale”. Però mi chiedo: quest’approccio così apparentemente realistico e ragionevole, così aderente alle dinamiche delle forme concrete dei Poteri e dei relativi palazzi, questo puntare a delineare un quadro delle disavventure del Diritto, in altre parole il rocambolesco romanzo della Democrazia, concetto mai identico a se stesso, fino a che punto può rendere conto del “mondo attuale” nella sua essenziale vertigine? Va beh, vado subito al dunque, perché penso che state per rompervi i coglioni dei miei fioriti sproloqui: insomma secondo voi non è forse ancora la categoria di Spettacolo debordiano (col suo concetto direi DEBORDante e in fondo indisciplinato di Totalità) che, più dell’approccio ragionevolmente politologico, può dar conto di una circostanza storica in cui, più di sempre, marxianamente, tutto ciò che è solido svanisce nell’aria, dove per aria potrebbe intendersi una serie o meglio una appunto vertiginosa congerie di simulacri? Un altro approccio che invito ad affrontare (ma sprovvisto di opportuni indicazioni bibliografiche..), è connesso al lavorìo dello Spettacolo sulle singole menti degli assoggettati (e forse mai davvero approfondito da Debord): lo si potrebbe formulare provvisoriamente nei termini di un rapporto tra credenze e rappresentazioni oggettuali (forme simboliche di una cultura): in breve nei termini di come l’assoggettamento della classe media non (ancora) impoverita (a cui presumibilmente apparteniamo noi che abbiamo ancora il privilegio (temporaneo?) di leggere/studiare/pensare/criticare) passi per il sottomettere le credenze di ognuno (attraverso le rappresentazioni allineate) alla Credenza Suprema: cioè all’unica verità possibile & concepibile: ossia che il nostro mondo attuale non può essere altro da come è (al limite solo leggermente migliorato in alcune parti, un po’ alla volta, ma mai redento nella sua totalità…). Beh mi rendo conto di aver posto questioni enormi, però mi chiedo se almeno qualcuno tra voi non sia più vicino a quest’ottica “eccessiva” (comunque problematica), piuttosto che a quella, realistica e ragionevolissima, di Grattacielo… Per me forse solo una lettura appunto eccessiva, mostruosa del Reale di questo mondo attuale può agganciare la sua costitutiva mostruosità ed eccedenza, sempre che agganciarla serva ancora a qualcosa…

    • Ciao gianluca, da quello che ho potuto capire, correggimi se sbaglio, tu stai ponendo il problema del rapporto tra la questione della verità, che col nichilismo e con la postmodernità viene ridotta all’espressione del soggetto o della sua potenza, e la questione politica che vede il trionfo del liberismo più sfrenato e senza limiti. Io mi ritengo fondamentalmente d’accordo con Fredric Jameson secondo cui il postmodernismo rappresenta il modo di organizzare la cultura nel capitalismo maturo. Però come hai notato tu la questione metafisica della verità dovrebbe essere tenuta presente, infatti che i seguaci della Fenomenologia o dell’Ermeneutica e quelli del Marxismo spesso agiscano separatamente o si contrappongano lo ritengo controproducente.

      • Grazie Alessandro per avermi almeno tu preso un po’ sul serio, immaginavo che avrei invece lasciato freddo Grattacielo (mentre forse mi attendevo forse qualche controcommento da aribel, nel cui discorso almeno in parte mi ritrovavo…). Mi sarebbe piaciuto anche che qualcuno mi trattasse male, magari uscendosene con un legittimissimo “mentre tu filosofeggi sulla questione della totalità e dello Spettacolo Integrale qui (in Italia)la Reazione Pura cammuffata da Sinistra zitta zitta sta cercando il consenso per finire di smantellare un pezzetto alla volta la Carta Costituzionale”. Della serie: attento gianluca, che mentre tu rimugini sul totale, qui intanto ce la stanno mettendo nel (parti)CUL(are)… Ora intendiamoci, pure io sarei, dinanzi a tali barbari, di quelli pronti a fare un inno all’insegna del “GIU’ LE MANI DALLA NOSTRA CARTA PREFERITA”, e pure io ho goduto della lezione schiarente del prof. Canfora (di cui ringrazio Nat) – però se mi si viene a dire che tutto il problema del “mondo attuale” risiede essenzialmente in questo manipolo di picconatori e riduttori di Libertà in nome della governabilità, e che quindi il costituzionalismo e la scienza del Diritto sono le forme di sapere più idonee a svelare lo scempio in atto, mi permetto di rimettere in ballo l’apocalittico terrificante Debord, proprio PERCHE’ IL MOMENTO E’ GRAVE, e penso, forse sbagliando (ditemi voi), che siamo giunti ormai a un nodo gordiano della storia repubblicana per cui è diventato assolutamente NECESSARIO E URGENTE non limitarsi solo a difendere la Democrazia come principio, ma altrettanto sensato e urgente interrogarci seriamente su cosa significhi DEMOCRAZIA oggi in questo Paese allo sfascio, su cosa significhi Libertà in un tempo in cui, non solo nel nostro Paese, le dinamiche sempre più perverse di un capitalismo sempre più sfrenato gettano un’ombra lunga proprio in ciò che chiamiamo Libertà & Democrazia, iniettando il loro veleno non solo nelle trame dei poteri e dei contropoteri, ma nelle stesse pieghe della società civile… Dico solo che, almeno noi che studiamo e pensiamo e conserviamo (forse) un minimo di indipendenza dall’ideologia Imperiale, abbiamo il dovere di riflettere su come le nozioni di Libertà e Democrazia siano state stravolte e stiano per esserlo di nuovo, in forme e modalità che vanno ben oltre il mero, per quanto preoccupante, sbriciolamento della Carta Costituzionale… e riflettere assieme sulle forme di assoggettamento che pure ci condizionano in quanto contemporanei & occidentali, perché queste hanno raggiunto oramai dei livelli tanto notevoli da essere quasi al limite del rappresentabile.. Siamo arrivati forse a un punto in cui va bene (si fa per dire) che l’Essere dell’Uomo ormai coincida sempre più asintoticamente con l’Essere della Merce (intendendo marxianamente per Merce anche il Lavoro), però che cazzo, una cosa è essere assoggettati alle norme, allo Stato, e valere in quanto individui come mere funzioni intercambiabili, però un altra è essere assoggettati all’Essere-per-La merce a cui si assoggettano a loro volta anche le norme, Lo Stato, ecc… comunque, sì, Alessandro, su quel che dice F. Jameson siamo perfettamente d’accordo (anche per me è stato un punto di riferimento)…

    • Ciao, Gianluca
      io sono solo un frequentatore del blog LDB, forse da più tempo di quanto non lo sia tu; ma allo stesso titolo di cui lo sei tu, vale a dire non in quanto “ralizzatore”.
      Qui dove mi trovo a stare adesso, ho tanti nemici intorno quanto HCE nella sua stanza intorno all’equinozio di primavera. Quello che chiedo al dio del solstizio d’inverno è di non farmi arrivare al solstizio d’inverno.

      • Ciao Gianluca,
        non mi hai lasciato freddo, peggio mi hai… spiazzato.
        Ma l’intervento di Alessandro mi ha messo sulla buona strada e
        riconosco che c’è del vero in quello che dici, come anche Aribel.
        La cosa che più mi fa rabbia è che proprio i critici della “democrazia formale”, si ritrovano puntualmente a
        doverla difendere per evitare di “arrivare al solstizio d’inverno” come dice Herman.
        Votare “no” non renderà migliore questo Paese, ma servirà ad evitare di renderlo peggiore.

      • Grazie allora ad Alessandro Tosolini per averci aiutato ad intenderci, e a farci incontrare su un punto fermo, un NO all’avanzata del Simulacro del Nuovo, un possente No al nefasto progetto di un governo che è un’incarnazione esemplare dello SPETTACOLO INTEGRALE… E però, caro Grattacielo, caro Alessandro e cari tutti, se allarghiamo un po’ lo sguardo oltre i confini nazionali, forse dovremmo iniziare se non altro a paventare, data la recentissima novità planetaria, che il solstizio invernale temuto da Humphrey Chimpden Earwicker alias En Ny Hermann (a cui non ho fatto in tempo a rispondere) è forse già iniziato da un pezzo: un processo di ibernazione che non coinvolge soltanto vari esemplari della nobilissima specie Magna Charta Libertatum, ma altresì’ i processi di soggettivazione e formazione delle coscienze, l’amministrazione della salute pubblica, la produzione (addomesticata) di discorso e la regolamentazione del regime delle rappresentazioni … Non so se sia possibile una vera resistenza a questo progressivo intensificarsi dell’ibernazione, ma se non iniziamo ad ammettere che essa è perlomeno in corso (in forme ancora in parte o tutte da decodificare) come faremo a pensare di resistervi (almeno con il sapere) in nome dell’idea che un altro mondo è possibile?

  9. Trovo interessanti tutti i libri suggeriti per capire il tempo presente. Da diciottenne debbo dire che ho trovato illuminanti i due libri suggeriti tempo fa da Natjus di Maurizio Lazzarato, La fabbrica dell’uomo indebitato e Il governo dell’uomo indebitato. Mi risuona poi in testa continuamente il mantra di mio nonno George quando mi diceva che bisogna capire le ragioni del disastro culturale provocato dalle sinistre italiana ed europea. Debbo dire che a livello giovanile In Gran Bretagna questo disastro trova forse
    maggiore opposizione che in Italia.

    • Se risiedi in Gran Bretagna, conosci bene Corbin, l’ultimo cavaliere Jedi al servizio della “Forza”…della
      socialdemocrazia. Mi sembra un progetto un po’ retrò. Sulla crisi della sinistra ti consiglio il libro di
      Jean-Claude Michea, I mistreri sella sinistra.
      Tanto per cambiare anche questo proposto da Natjus

      • Certamente Corbin è Retro, un po’ meno i giovani che lo sostengono. Anche chi sta alla sinistra del pd di Renzi è spesso come un Giano bifronte rivolto al passato. Leggerò Michea come mi suggerisci; al momento trovo molto interessante l’Antonio Negri con Hardt che sempre Natjus ha variamente proposto.

  10. Nella cartella “Mauritius”, appena creata e condivisa con te, c’è il pdf scan di Cioran, sperando che sia quello che cerchi.

  11. Mi vengono in mente alcune considerazioni probabilmente scontate: negli anni 20- 30 del secolo scorso il fascismo italiano e quello tedesco andarono al potere in seguito ad elezioni (più o meno libere) e solo in seguito promulgarono leggi speciali che limitarono o abolirono le libertà politiche e i diritti dei lavoratori. Quei regimi caddero in seguito al secondo conflitto mondiale a causa, da un lato, della preponderanza militare statunitense e, dall’ altro, per la strenua resistenza opposta dall’ Unione sovietica. In ogni caso, dal punto di vista strettamente istituzionale, bisogna ricordarsi che Mussolini fu defenestrato dai suoi stessi camerati e, dal punto di vista sociopolitico, non ci si può dimenticare che il regime hitleriano non registrò perdite di consenso durante la guerra e che, a parte la Rosa Bianca e l’Orchestra Rossa, non ci furono veri e propri movimenti di opposizione a parte i tentativi di uccidere Hitler messi in atto, ma non per ragioni “democratiche”, da settori dell’esercito tedesco.
    Successivamente, nel corso dello stesso secolo, la “democrazia” statunitense sostenne vari golpe contro altre “democrazie” (Cile, Argentina, ecc.) – oltre alla guerra del Vietnam e di Corea- mentre le sue sorelle democratiche europee menavano le mani in giro per il mondo (Grecia, Algeria e quanto altro).
    Insomma, voglio semplicemente dire che la parola “democrazia” – soprattutto nella sua declinazione novecentesca – non mi incanta per nulla. E’ meglio parlare di lotta di classe e dei perdenti e dei vincitori di questa, o di politica di potenza dei vari stati nazionali, del predominio militare statunitense ecc: sono cose più concrete.
    Però – ma si era in un altro secolo – almeno una prova di se stessa la democrazia la diede e mi riferisco alla liberazione degli schiavi decisa dalla Convenzione ( caso isolato nella storia umana, almeno nei tempi moderni, a quanto ne so). Ma si trattava di una Rivoluzione. Forse la domanda è se la democrazia, nel senso originario del termine, sia di casa solo in quelle particolari epoche storiche in cui si decide, fra lotte feroci e terribili guerre civili, quale parte del popolo ( o quale classe, o classi) debba prevalere sulle altre e si esibiscono, ma in modo estremante pratico oltre che teorico, le ragioni di questo prevalere. Per quanto ne so, abbiamo solo due date in cui ciò è avvenuto: 1789, 1917.

  12. Ciao a tutti,
    ho letto poco tempo fa un articolo per me illuminante sulla piega che ha preso la società (capitalista) in cui viviamo, già da molti anni, e sulla sostanziale progressiva irrilevanza della politica nei confronti delle elite finanziarie globali.

    http://pauperclass.myblog.it/2015/06/20/il-destino-delleuropa-era-gia-segnato-quarantanni-fa-alceste/

    Li si cita un discorso di Eugenio Cefis che “..apparve nel bimestrale L’Erba Voglio, sul numero 6 del giugno/luglio 1972, quale ‘supplemento pedagogico’, col titolo La mia Patria si chiama Multinazionale.
    Il responsabile del periodico era Piergiorgio Bellocchio, fratello del regista Marco, uno dei rarissimi epigoni del pensatore Pasolini.
    Bellocchio pubblicò integralmente il testo con l’aggiunta di commenti chiarificatori.
    Quelle pagine sono quasi introvabili; le ho trovate e scansionate. Potete scaricarle qui: ”

    http://www.mediafire.com/download/cwbaoghn25d2afu/Pasolini+e+Cefis.rar

  13. Buonasera a tutti, volevo cogliere questa occasione per ringraziare, una volta di più, l’emerito NatJus per il lavoro unico che, da anni, porta avanti per rendere la cultura letteraria e filosofica etc, fruibile per noi internauti.
    Colgo altresì l’occasione per chiedere se in futuro saranno disponibili alcuni di questi titoli per me preziosi e ineludibili.
    Vladimir Jankélévitch – Il non-so-che e il quasi-niente
    Vladimir Jankélévitch – Da qualche parte nell’incompiuto
    Vladimir Jankélévitch – Il puro e l’impuro
    Vladimir Jankélévitch – La menzogna e il malinteso
    Vladimir Jankélévitch – Perdonare
    Karl Jaspers – Ragione e antiragione nel nostro tempo
    Karl Jaspers – Introduzione alla Filosofia
    Karl Jaspers – Piccola scuola del Pensiero filosofico
    Karl Jaspers – La bomba atomica e il Destino dell’uomo
    Karl Jaspers – Della Verità
    Karl Jaspers Hannah Arendt – Verità e umanità
    Karl Jaspers – Il male radicale
    Karl Jaspers – La fede Filosofia di fronte alla rivelazione
    Karl Jaspers – La filosofia dell’esistenza
    Karl Jaspers – Verità e Verifica Filosofare per la Prassi
    Vito Mancuso – Il Coraggio di essere liberi
    Vito Mancuso – Il Principio passione
    Vito Mancuso – Obbedienza e Libertà
    Vito Mancuso – La vita autentica
    Emanuel Levinas – Etica e Infinito
    Emanuel Levinas – Umanesimo dell’altro uomo
    George Bataille – Teoria della Religione
    George Bataille – L’Amicizia
    George Bataille – Il dispendio
    George Bataille – L’Impossibile
    George Bataille – La letteratura e il male
    George Bataille – L’esperienza interiore
    George Bataille – Il limite dell’utile
    George Bataille – La letteratura e il male
    George Bataille – Le Lacrime di Eros
    George Bataille – Il Labirinto
    George Bataille – L’anno solare
    Salvatore Natoli – Dizionario dei vizi e delle virtù
    Salvatore Natoli – La Felicità Saggio di Teoria degli affetti
    Salvatore Natoli – Salvezza senza Fede
    Salvatore Natoli – L’esperienza del Dolore – Le forme del patire nella cultura occidentale
    Salvatore Natoli – Il Cristianesimo di un non credente
    Salvatore Natoli – L’arte di meditare
    Salvatore Natoli – La verità del Corpo
    Salvatore Natoli – Progresso e Catastrofe Dinamiche della modernità
    Salvatore Natoli – Il cibo dell’Anima
    Salvatore Natoli – Il Buon uso del mondo
    Salvatore Natoli – Perseveranza
    Salvatore Natoli – I Nodi della vita
    Salvatore Natoli – La Fecondità della Virtù

  14. Buongiorno, vorrei chiedere l’accesso ai vostri preziosi consigli di lettura. Grazie (Nel caso il messaggio sia doppio, vi chiedo scusa: rinnovo il commento perché non vedo pubblicato il precedente).

  15. scusate amici, è da 3 giorni che cerco di lasciare un commento sul sito per essere aggiunto, ma puntualmente ogni mio commento scompare non appena lo pubblico… non capisco cosa sto sbagliando. Se per caso riusciste a leggermi, VI PREGO AGGIUNGETEMIIIIIII Grazie!

  16. I nuovi richiedenti “asilo” abbiano pazienza e saranno esauditi non appena Natjus – e sopra lo ha scritto – avrà risolto i problemi di connessione. Vi esorto a leggere i post, almeno quelli scritti dal Blog Master!

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