Apparso a Parigi nei maggio 1974, il saggio di Belo sulla « lettura materialista » del Vangelo, definito « un libro irritante che appassiona », continua a far parlare di sé. « Lettura materialista » non vuol dire rinunciare alla fede in un Dio trascendente, ma analizzare il Vangelo partendo dai rapporti sociali di produzione della società del tempo per verificarne l’influenza sulle ideologie, sul linguaggio e sulle coscienze, cogliendone a tutti i livelli i riflessi dei conflitti di classe. Significa analizzare la « prassi » di Gesù restituendole quella dimensione economico-sociale e politica presente nel testo, anche se offuscata da secoli di interpretazione spiritualistica.
Dopo una sintesi dell’universo simbolico del mondo biblico, in cui rileva la presenza di due correnti: quella profetica centrata sul dono, sul condividere, e quella sacerdotale centrata sulla purificazione rituale, Belo analizza il modo di produzione della Palestina del I secolo come sfondo alla prassi di Gesù che si differenzia sia da quella dei farisei sia da quella degli zeloti, una strategia « sovversiva », ben radicata nella concretezza del pane quotidiano, che anticipa una società senza classi in cui tutti ricevono la benedizione di Dio.
All’interno dei parametri del « materialismo storico » anche il problema della risurrezione si chiarisce come « liberazione dei corpi », come possibilità ancora ignorate del corpo, un mistero che è bene lasciare aperto.
Un libro tutto da discutere, ma che rimane il primo ad aver aperto una prospettiva nuova dopo il fallimento della « ricerca del Gesù storico ».