L’insuperato modello dei romanzi esoterici. Nell'”Angelo della finestra d’Occidente” Meyrink inscena la biografia di un alchimista realmente vissuto – quel John Dee che fu matematico e cultore di discipline ermetiche, magiche e astrologiche sotto il regno di Elisabetta I d’Inghilterra -, ma in modo da evocare gli stadi di un vero e proprio processo alchemico in cui morte e rinascita sono momenti progressivi per accedere all’autentica conoscenza. Così, quando John Dee si ridesta nell’ultimo discendente della sua stirpe, il barone Müller, intorno a costui riappaiono – in una fantasmagoria terribile e nitida – le forze e i personaggi che, già secoli prima, avevano aiutato o ostacolato l’antenato nella ricerca della pietra filosofale. In un fatale gioco di sdoppiamenti il barone Müller rivive l’arresto di John Dee nella Torre di Londra, la liberazione ad opera di un’Elisabetta sedicenne e non ancora regina, gli esperimenti alchemici condotti insieme a Edward Kelley (medium dalle orecchie mozze ed emissario in terra del mendace angelo della finestra d’Occidente), la fuga dall’Inghilterra dopo l’incendio del castello di Mortlake e l’ospitalità dell’imperatore Rodolfo in Boemia. Ma la via alchemica in grado di assicurare a corpo e anima l’immortalità può compiersi solo attraverso la conquista della “donna occulta”, la Regina dei filosofi – dunque non Elisabetta, che John Dee aveva voluto possedere per violenza d’incantesimo, né la principessa Assia Chotokalugin, dai gialli occhi di pantera, alla cui malìa soggiace il barone Müller, bensì il perfetto “androgino spirituale”, in cui si compone l’antico contrasto fra culti olimpici virili e culti tellurici legati a divinità femminili ingorde e divoratrici.
Consiglio a cura di Athanasius
Grazie!
Bellissimo!