I lettori di Canetti sanno che, nella sua opera, dietro le parti visibili si erge un massiccio in larga misura invisibile: quello degli appunti, che Canetti scrive ormai da decenni. Di questi «appunti» conoscevamo sinora La provincia dell’uomo. E qui si aggiunge Il cuore segreto dell’orologio (1987), che comprende gli anni 1972-1985, il periodo in cui Canetti ha scritto i tre volumi della sua autobiografia. Ancora una volta troveremo qui aforismi, immagini balenanti, schegge di ipotesi, romanzi in due righe, riflessioni su scrittori amati e avversati (memorabili gli accenni a Aubrey, a Joubert, a Walser, a Zhuang-zi), osservazioni su un’immensa varietà di temi, infine frammenti di un dialogo serrato con se stesso che permette di intravedere, attraverso preziosi spiragli, le linee di un autoritratto sempre in formazione. Qui, più che mai, Canetti è incisivo, aspro, tagliente, spinto da una sorta di furia dell’essenziale. Il tempo, che induce molti ad arrotondare le punte, per Canetti agisce in senso opposto: ogni elemento subisce una accentuazione e agisce sul lettore come una scossa ravvivante. E, al tempo stesso, mai come in questi «appunti» Canetti sembra concedersi scioltezza di respiro e libertà di movimento in ogni direzione, come se in questa forma trovasse il contravveleno alla poderosa concentrazione che esigono da lui, volta per volta, le sue singole opere. Mai come negli «appunti» Canetti tiene fermo a se stesso e si permette di andare contro se stesso, seguendo un’oscillazione concisamente descritta proprio in queste pagine: «Chi obbedisce a se stesso soffoca non meno di chi obbedisce ad altri. Soltanto l’incoerente non soffoca, colui che si dà ordini ai quali si sottrae. Talvolta, in circostanze particolari, è giusto soffocare».