Il titolo suggestivo di questo libro coraggioso si può, anche considerate le diverse edizioni, ormai ritenere un classico degli studi storico-religiosi e letterari. L’idea che si impone tra il Sette e l’Ottocento del poeta con le chiome lunghe in attitudine di invasato, animato da ispirazione divina, è molto più antica di quanto si creda. Difatto è il risultato di una secolare tradizione, originata dal convincimento che il poeta, in quanto ispirato, era visto come un veggente, come uno sciamano. Questo modo di rappresentarlo non scompare in un preciso momento storico, ma si viene appannando gradualmente, pur resistendo ambiguamente anche nella nostra età della tecnica. Sono due soprattutto le domande cui Anita Seppilli in questa densa opera risponde in modo magistrale. La prima è: per quale ragione fin dalle origini alla parola cantata, alla narrazione e alla rappresentazione anche drammatica dei miti fu attribuito un valore magico; la seconda mira ad individuare la motivazione e gli esiti storici non solo letterari, che hanno portato il poetico a sganciarsi dal magico, pur conservandone la forza creativa.
Consiglio offerto da Athanasius.