In questo secondo volume, ormai superate le capziose argomentazioni che nella prima parte servivano a introdurre i teoremi del regno dell’orrore, Zinov’ev si abbandona più liberamente alla narrazione, e la sua disperata comicità cresce sino alla fine. Percorriamo così il labirinto di Ibania in tutte le sue numerosissime ramificazioni del Potere e del Dissenso (e di entrambi paradossalmente intrecciati). Vi troveremo le atrocità, il grottesco, la resistenza silenziosa, la lucidità opposta delle vittime e dei torturatori. Ma una cosa certamente non vi troveremo: la via d’uscita. Qui sembra che tutti aspettino, come il Chiacchierone in un memorabile capitolo dell’ultima parte, di andare a fare la coda alle Pompe Funebri per essere cremati: «Da quando era stata adottata la legge che regolava i decessi, non v’era stato un solo caso di persona che – avendo dichiarato il proprio sincero desiderio di prendere coscienza dell’ineluttabilità della propria morte – non si fosse presentata, all’ora stabilita, al proprio crematorio. A Ibania anche la morte è un affare di libero arbitrio al quadrato».
Consiglio a cura di C. Congia