Dopo aver raggiunto le vette dello scandalo e della gloria, dopo aver pubblicato capolavori come Il dono, Lolita o Fuoco pallido, Nabokov decise di scrivere un romanzo dove avrebbe sfrenato i suoi estri e i suoi capricci più nascosti e più cari, sfidando il lettore a seguirlo, come un seduttore irresistibile e sottilmente perverso. E fu Ada. Sarebbe stata una storia d’amore, di quell’amore «normale e misterioso» che è come la rosa vera mescolata alle altre in un negozio di fiori finti, «pour attraper le client». E anche una storia erotica. E, dietro a tutto, sarebbe stata una celebrazione del dettaglio. «Il dettaglio è sempre benvenuto» diceva Nabokov. Dettaglio è «l’evento senza precedenti e irripetibile» che si staglia fra miliardi di simili – e con ciò in fondo obbliga la letteratura a esistere, se non altro per replicargli con un tessuto di parole che dell’irripetibile mostri qualche filo. Ogni lettore, non appena comincerà ad addentrarsi in Ada, avrà l’impressione di trovarsi davanti a uno di quei libri in cui l’autore ha inteso mettere tutto, come in una vasta arca, grande quanto un leggendario maniero familiare o per lo meno la sua sterminata e veleggiante soffitta. E in quella soffitta costellata di segreti, come nel parco di quel maniero, cosparso di nascondigli erotici, sarà felice di perdersi.