Letteratura e filosofia sono percorse tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900 da un rifiuto sempre più accentuato per quella osservazione della realtà oggettiva a cui, dalla metà del XIX secolo, si erano imperativamente attenuti scrittori e scienziati; la creazione artistica e la cultura in generale si aprono alle teorie psicologiche e psicopatologiche, all’indagine sui processi della vita mentale nei suoi dispositivi più insondabili e oscuri. Nella sua attenta lettura Poggi esplora le profonde sollecitazioni che le teorie di Bergson sul tempo e la memoria pura hanno esercitato su Proust, ricostruendo le conoscenze e convinzioni filosofiche del grande romanziere; le origini delle teorie percettive della «Recherche» sullo sfondo delle acquisizioni della psicologia e della scienza medica del secondo ’800; gli elementi di bergsonismo attivi in Proust soprattutto attraverso la nozione di coscienza, cervello, memoria; e infine l’emergere nella scrittura proustiana di un presagio di malattia e di morte entro cui autore, narratore ed eroe del romanzo finiscono per annullarsi, perfettamente identificati. I temi della memoria, dell’oblio, del sogno, del silenzio, del ricordo diventano così il filo conduttore che tra Proust e Bergson delinea la mappa di una sensibilità estetica e filosofica irresistibilmente calamitata verso le zone notturne di quell’io interiore su cui incombe l’anatomia freudiana.
Grazie a Mitzicat per la scansione di partenza.