C’è un idolo dinanzi al quale i contemporanei, anche delle più opposte convinzioni, si mostrano bigotti: la società. Tutto viene ricondotto alla società quasi fosse la barriera ultima, oltre la quale non si distingue ciò che pure sarebbe forse più essenziale: la vita e la morte, il bene e il male, la felicità e l’infelicità. Come dando licenza a una furia a lungo repressa («Come si pronunciò un tempo, con orrore, “stato di natura”, così mi trovo a dire, con pari orrore, “stato di società”»), Sgalambro ha voluto, con questo pamphlet, scendere in mezzo alla «società» di cui tanto si parla per analizzare di che cosa è fatta. Sferzante, caustico, dichiaratamente provocatorio, ha così enunciato, con argomenti lucidi e appuntiti, le ragioni del suo dissociarsi da un amalgama politico-sociale dove la ricerca ansiosa della mediocrità va unita al desiderio di disprezzarla, in un circolo vizioso che permette di garantirsi con poca fatica una immeritata buona coscienza. La forma è diretta e bruciante, ma in filigrana si riconoscono i lineamenti di una «filosofia solitaria» che molti lettori hanno scoperto con ammirazione in questi ultimi anni.
Grazie a Filosofia in ita per la scansione di partenza.