Il tema centrale della Dialettica del concreto è la ricerca e la ricostituzione di un senso filosofico del marxismo, del suo valore non soltanto ideologico-strumentale, ma veramente conoscitivo. Il punto di partenza della problematica, che fa da filo conduttore alle diverse ricerche di questo libro, è infatti il concetto cruciale di « economia ». Il senso di questo concetto viene chiarito attraverso una complessa fenomenologia, che lo coglie dapprima nel suo* aspetto meramente soggettivo, ne segue criticamente il ribaltamento obiettivistico nelle interpretazioni sociologistiche, e trova la via di una chiarificazione nel concetto marxiano della « prassi » umana. Nello stesso tempo la Dialettica del concreto è anche una sottile analisi di alcune posizioni dominanti della filosofia contemporanea, da Heidegger al fisicalismo neopositivistico e allo strutturalismo. Sparse talora in brevi accenni o nelle note, vi si possono trovare, infine, interpretazioni e critiche del massimo interesse di autori come Lukàcs, Marcuse, Sartre. Nato a Praga nel 1926, già accusato di revisionismo, Karel Kosik è oggi riconosciuto come il più vivace pensatore ceco contemporaneo.
Grazie a Filosofia in ita per la scansione di partenza
Un grande filosofo colpevolmente dimenticato (specie da una sinistra intellettualoide cialtrona e inconcludente). Da leggere.
Ben detto. 🙂 A questo proposito cito da un articolo di Pier Aldo Rovatti:
Ma chi è Kosík? È innanzi tutto colui che con La dialettica del concreto (pubblicata nel 1963 a Praga e tradotta nel ‘65 da Bompiani, oggi introvabile) lanciò al marxismo ufficiale di allora un messaggio critico di eccezionale portata, puntando sull’idea di filosofia come senso della pratica trasformatrice e invitando a una rilettura radicale delCapitale di Marx al di là di ogni naturalismo economicistico e di ogni schematismo politico. Un libro che innervò la giovane generazione intellettuale protagonista di quella “primavera”, facendo saltare molti interdetti che penalizzavano pensieri considerati “irrazionalistici” (Heidegger, Sartre, ecc.), compreso quello relativo all’importanza di Kafka, smascherando le “pseudoconcretezze” e aprendo tutte le dimensioni del campo del “concreto”, dall’arte alla vita quotidiana, alla politica ricondotta alla “prassi” vincente.
Un libro, infine, che ovviamente venne letto e usato dai critici del “socialismo reale”, e meno ovviamente incise a lungo nel dibattito a Occidente che cercava un marxismo più umano e spendibile. Troviamo, nelle pagine di Kosík, tante singolari anticipazioni: cito solo il suo interesse per i Grundrisse di Marx, che erano al tempo ignoti anche da noi (dopo, produssero dibattiti molto significativi soprattutto all’interno dell’“operaismo”) e in cui lui vedeva il necessario volano per non tagliare in due il pensiero di Marx, di là gli scritti giovanili e filosofici e di qua quelli maturi sotto il segno esclusivo dell’economia politica. Questo libro, La dialettica del concreto, tra l’altro scritto con rara chiarezza, è stato completamente dimenticato, letteralmente “sepolto” nel tritacarne di quella cultura dell’amnesia che oggi è diventata dominante. Andrebbe ripubblicato, fatto circolare presso le nostre giovani generazioni, troppo digiune di storia e troppo analfabete di dialettica (parola, quest’ultima, che per Kosík andava rimessa al centro di ogni pensiero critico, mentre per noi si è ridotta a nulla più che un flatus vocis).