Al centro di “Fuga dalla libertà”, quella che è forse l’opera più felice e celebrata di Erich Fromm c’è un apparente paradosso: l’uomo d’oggi ha sì raggiunto la libertà ma non riesce a usarla per realizzare completamente se stesso; anzi, la libertà sembra averlo reso fragile e impotente. Applicata al totalitarismo fascista, la tesi di Fromm dimostra tutta la sua efficacia. L’immagine dell’uomo forte, virile, dotato di qualità eroiche, che il fascismo propone, è un’enorme illusione. Sia il leader che il gregario sono caratteri deboli, tormentati da paure irrazionali e da angosce, dominati dall’insicurezza. Il desiderio di sottomettersi a un potere soverchiante e l’odio per l’inerme sono la proiezione di una disperata paura della libertà. Usando gli strumenti di indagine che gli offrono la psicoanalisi e il marxismo, Fromm va oltre, occupandosi di un secondo e non meno preoccupante caso di «fuga dalla libertà»: il conformismo delle società di massa. E’ anche questa un’analisi di grande attualità, che ci aiuta a capire meglio il mondo contraddittorio in cui viviamo.
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