I moderni hanno l’oscura sensazione di aver perduto il Grande Esterno dei pensatori precritici. Dopo Kant, le forme del pensiero non possono più derivare da un principio o sistema che sia in grado di conterir loro una necessità assoluta: ormai il rapporto tra pensiero e mondo si riduce ad una inestricabile correlazione dell’uno nell’altro, che finisce per dissolverli entrambi. Contro questa impostazione, il “materialismo speculativo” di Meillassoux – sottraendosi alla triade criticismo-scetticismo-dogmatismo rivendica una realtà esterna indipendente da noi, assoluta e conoscibile, al solo prezzo della rinuncia al principio di ragion sufficiente. Ed è la scienza stessa ad intimarci di scoprire la fonte della sua assolutezza, che emerge insieme al senso della forma matematica del discorso scientifico. Dopo la finitudine, la contingenza rientra nell’alveo della necessità, l’assoluto torna ad essere la destinazione originaria del pensiero – che si lascia ora alle spalle ogni “fittizio supplemento d’anima”.
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